Antonio Todaro, il maestro dei maestri
Nel 1990 sono arrivata a Buenos Aires. Non sapevo una parola di castellano e non conoscevo nessuno. Avevo con me una lettera scritta dalla mia amica Florencia, una ragazza argentina che viveva a Venezia, che mi fece fare i primi passi di tango. La lettera era indirizzata al maestro Antonio Todaro, creatore massimo del più bel tango ballato. Florencia mi aveva spiegato che Antonio era il Maestro dei maestri e insegnava solo ai professionisti. Nella lettera, a parte i saluti, c’era scritto che ero una ragazza italiana col desiderio di imparare, che volevo vivere a Buenos Aires e per favore di accettarmi come allieva. Ricordo lo studio di Antonio, in Avenida Belgrano, una piccola stanza piena di foto, nella scuola gestita da Saverio Perre. Ricordo il cagazo che avevo mentre incontravo per la prima volta quest’uomo schivo, minuto con lo sguardo severo. Non posso dire che oggi, a vent’anni dalla sua morte il mio pensiero vada a lui, perché tutti i giorni Antonio è nel mio cuore irrequieto. Nei miei passi, nelle sequenze che insegno e in quelle nuove che creo. In tutti gli spettacoli dove ho ballato o che ho coreografato c’è l’anima di Todaro. Le sue lezioni erano asciutte, senza orpelli, senza benevolenza, ma piene di creativa bellezza. In quei pochi anni di frequentazione quotidiana si è creato un rapporto affettuoso, di severe lezioni ed indulgenti asados domenicali, ai quali partecipavo armata di mazzolini di fiori per Ines (la sua piccola moglie) e di ammirazione per lui.
Voglio bene ad Antonio e gli sono grata per avermi messo in mano le chiavi d’oro della porta della fantasia, della creatività, della conoscenza e per avermi aiutato a capire come il rigore e la forma devono vestire la sostanza. Con Antonio non ho più avuto paura di avere un carattere forte, di difendere la poesia che un giorno ho visto nel tango e alla quale non voglio rinunciare malgrado lo sfacelo che ha subito in questi ultimi anni. E mi aggrappo ad un pensiero, ad un passo, al suo sorriso asciutto e mite. E tutto è vivo, familiare ed odora di buono.